Gichin Funakosh

     

                               

     

    Gichin Funakoshi (1868-1957) nacque a Shuri, figlio unico di una modesta famiglia. Suo nonno era un rinomato studioso di Confucio. Bambino gracile e introverso, si appassionò alle arti di combattimento: studiò con il nobile Azato, padre di un suo compagno di scuola e maestro di svariate arti marziali, poi anche con Itosu, quindi con Matsumura. Nel libro Karate-do. My Way of Life, scritto poco prima di morire, Funakoshi ebbe calde parole di riconoscenza per i suoi primi maestri.

    Era non solo un abile calligrafo, ma conosceva anche i classici cinesi, pertanto nel 1888 cominciò ad insegnare in una scuola elementare, accettando di tagliarsi il ciuffo di capelli sulla testa, come imponeva la legge giapponese (fu perciò ripudiato dai suoi familiari, membri del “partito ostinato”).

    All’inizio del secolo la scuola di Funakoshi fu visitata da Shintaro Ogawa, commissario scolastico per la prefettura di Kagoshima. Fra le varie esibizioni organizzate in suo onore ci fu anche una dimostrazione di Karate, che lo impressionò moltissimo e in seguito al suo rapporto al Ministero dell’Educazione la disciplina fu introdotta nel programma della Scuola media Prefettizia Daichi e nella Scuola Normale Maschile. Nel 1912 approdò a Okinawa la flotta imperiale giapponese, al comando dell’ammiraglio Dewa e una dozzina di ufficiali praticarono per qualche giorno il Karate. Nel 1917 l’Associazione dei maestri giapponesi di arti marziali a Kyoto richiese un maestro di Okinawa-te per una dimostrazione: venne inviato Funakoshi, 50 dan. Nel 1921 passò per Okinawa il principe Hirohito, diretto in Europa, e nel castello di Shuri Funakoshi organizzò un’esibizione che fu molto apprezzata.

    Lasciato l’insegnamento nel 1921, nella primavera del 1922 Funakoshi fece una dimostrazione alla Scuola Normale Superiore Femminile di Tokyo, ove si stabilì. Jigoro Kano lo invitò al Kodokan per un’altra dimostrazione e gli chiese d’insegnargli alcune tecniche di atemi. Nel 1922 Funakoshi scrisse il libro Ryu-kyu Kempo: Karate (Karate significava ancora «mano cinese» e i nomi dei kata erano quelli originati di Okinawa), che quattro anni dopo ebbe una riedizione dal titolo Renten Goshin Karate Jitsu. Nel 1935 scrisse Karate-do Kyohan, molti anni dopo tradotto dal maestro Oshima.

    I primi anni furono difficili soprattutto sotto l’aspetto economico. Poi gli allievi aumentarono e anche l’Università di Keio aprì un corso di Karate. Nel 1931 il Karate fu ufficialmente riconosciuto dal Butokukai, l’organizzazione imperiale per l’educazione della gioventù. Dopo aver utilizzato un’aula del Meisei Juku (un ostello per studenti di Okinawa nel quartiere Suidobata), per qualche tempo Funakoshi fu ospite nella palestra del maestro di scherma Hiromichi Nakayama. Nel 1936, grazie al comitato nazionale di sostenitori del Karate, venne costruito il dojo Shotokan («casa delle onde di pino») a Zoshigaya. «Shoto» era lo pseudonimo che Funakoshi usava da giovane nel firmare i suoi poemi cinesi. A questo proposito ha scritto il maestro:

    Godere la solitudine ascoltando il vento fischiare attraverso i pini era un’eccellente maniera per raggiungere la pace di spirito che il Karate richiede.

    Per facilitare la diffusione del Karate in Giappone l’ideogramma «to», che si leggeva anche «kara» («cinese»), fu cambiato con un altro avente la stessa pronuncia, ma il significato di «vuoto» (sia nel senso di «disarmato», che in riferimento allo stato mentale del praticante, concetto Zen di mu-shin). Vengono inoltre cambiati in giapponese i nomi originali delle tecniche e dei kata per renderli più comprensibili. Funakoshi così definiva il termine «kara»:

    Come la levigata superficie di uno specchio riflette qualunque cosa le stia di fronte e una quieta valle riecheggia anche i più piccoli suoni, allo stesso modo il praticante di karate deve rendere vuota la sua mente di egoismo e di debolezza nello sforzo di reagire adeguatamente in qualunque circostanza.

    Nel dopoguerra il generale Mac Arthur proibì la pratica delle arti marziali, ritenute l’anima dello spirito militarista nipponico, ma a poco a poco crebbe l’interesse degli americani e Funakoshi fu ripetutamente invitato a dare dimostrazioni. Poi venne invitato a darne anche nelle basi aeree degli USA: per l’occasione scelse come assistenti Isao Obata (della Università di Keio), Toshio Kamata (della Waseda) e Masatoshi Nakayama (della Taku Shoku).

    Funakoshi lasciò la direzione dello Shotokan al figlio Yoshitaka, che trasformò sostanzialmente lo stile elaborato dal padre, inserendovi attacchi lunghi e potenti, che facevano uso di nuove tecniche di calci. Yoshitaka mori di tubercolosi nel 1953. Avversato da Funakoshi, che riteneva il kata la massima espressione del Karate, il primo campionato in Giappone fu organizzato dalla JKA soltanto dopo la sua morte.

    Sul monumento che lo ricorda nel tempio Zen di Engaku a Kamakura si legge questa massima: «Karate ni sente nashi: Non c’è tecnica offensiva nel Karate».